L'interno silenzioso
Talvolta capita che mi perda tra i pensieri della mia mente di psicologo
fortemente votato all’introspezione, e tra le varie domande che mi sono fatto
fino ad ora ce n’è una una che mi va di condividere con chi leggerà: cosa mi ha
spinto a cominciare a suonare?
L’unica risposta che sono riuscito a darmi e che mi ha soddisfatto è stata:
per dire qualcosa di mio.
Chiaro, quando ho cominciato a suonare non avevo alcuna consapevolezza che
sarei arrivato a questa conclusione, forse le motivazioni che mi hanno spinto
ad imboccare prima un clarinetto e poi un sassofono sono state altre, ma ora la
risposta è diversa.
Adesso se penso alla musica il primo pensiero va alla possibilità di sviluppare
un linguaggio personale, fatto dei miei suoni, della mia voce, delle mie parole
e delle mie emozioni.
Sembra un’affermazione stupida, forse banale, ma che in realtà racchiude al
suo interno alcuni aspetti che molto spesso (almeno per quella che è la mia
esperienza professionale) sono dimenticati sia da chi suona sia da chi
appartiene alla società in cui viviamo.
Al giorno d’oggi può capitare che l’individuo incontri difficoltà nel
riuscire a dire qualcosa di vero e di proprio, vuoi per il timore del giudizio,
vuoi per la paura di apparire ridicolo, vuoi perché quello che vorrebbe dire è
in realtà molto complesso e difficile da condividere, oppure perché le parole
potrebbero essere rischiose e scatenare confronti o conflitti difficilmente
sostenibili.
Le persone hanno quindi difficoltà ad incontrarsi ed a confrontarsi in
maniera vera, sincera, a stare congruentemente in contatto con il proprio mondo
interiore, con il proprio se’: questo ovviamente può avere ripercussioni sulla
loro qualità di vita e sulla loro salute mentale.
La musica ci viene in soccorso, dal momento che rappresenta un mezzo
comunicativo di estrema e vitale importanza, spesso screditato, non sempre
apprezzato, ma che per molti rappresenta una via (o l’unica via) per comunicare
un mondo interiore purtroppo spesso taciuto.
Moltissimi sono stati i musicisti che con la musica hanno avuto la possibilità
di comunicare agli altri il proprio pensiero, il proprio mondo emotivo fatto di
lotta, rabbia, gioia e questo ha reso possibile la loro partecipazione
all’interno della società, vuoi per il significato del loro messaggio oppure
perché quella particolare nota, frase o melodia suscitava in chi ascoltava
determinate emozioni.
Basti pensare alla musicoterapia, ai laboratori musicali che vengono
organizzati con pazienti con disturbi psichiatrici, con chi ha difficoltà nel
linguaggio (vedi balbuzie), addirittura con chi proprio non riesce a comunicare
con le parole: la musica ha una valenza sociale importantissima, come detto
prima per molti rappresenta sia un mezzo per vivere in maniera più serena il
proprio disagio sia per riuscire a conquistarsi un posto all’interno della
società; in poche parole potrei dire che permette la libera e naturale
espressione del proprio corpo, del proprio pensiero, del proprio mondo
interiore.
Certo, ci vuole passione, è necessario aver voglia di stare a sentire
un’altra persona che parla (cosa che ai giorni nostri è sempre più rara), è
necessaria tenacia e resistenza alla frustrazione, alla violenza del giudizio
degli altri, ma provate ad immaginare la soddisfazione e la liberazione che può
provare una persona che a lungo è rimasta in silenzio e che finalmente trova il
modo di riuscire a dire quello che pensa, senza vincoli sociali e culturali.