mercoledì 20 marzo 2013

L'interno silenzioso


Talvolta capita che mi perda tra i pensieri della mia mente di psicologo fortemente votato all’introspezione, e tra le varie domande che mi sono fatto fino ad ora ce n’è una una che mi va di condividere con chi leggerà: cosa mi ha spinto a cominciare a suonare?
L’unica risposta che sono riuscito a darmi e che mi ha soddisfatto è stata: per dire qualcosa di mio.
Chiaro, quando ho cominciato a suonare non avevo alcuna consapevolezza che sarei arrivato a questa conclusione, forse le motivazioni che mi hanno spinto ad imboccare prima un clarinetto e poi un sassofono sono state altre, ma ora la risposta è diversa.
Adesso se penso alla musica il primo pensiero va alla possibilità di sviluppare un linguaggio personale, fatto dei miei suoni, della mia voce, delle mie parole e delle mie emozioni.
Sembra un’affermazione stupida, forse banale, ma che in realtà racchiude al suo interno alcuni aspetti che molto spesso (almeno per quella che è la mia esperienza professionale) sono dimenticati sia da chi suona sia da chi appartiene alla società in cui viviamo.
Al giorno d’oggi può capitare che l’individuo incontri difficoltà nel riuscire a dire qualcosa di vero e di proprio, vuoi per il timore del giudizio, vuoi per la paura di apparire ridicolo, vuoi perché quello che vorrebbe dire è in realtà molto complesso e difficile da condividere, oppure perché le parole potrebbero essere rischiose e scatenare confronti o conflitti difficilmente sostenibili.
Le persone hanno quindi difficoltà ad incontrarsi ed a confrontarsi in maniera vera, sincera, a stare congruentemente in contatto con il proprio mondo interiore, con il proprio se’: questo ovviamente può avere ripercussioni sulla loro qualità di vita e sulla loro salute mentale.
La musica ci viene in soccorso, dal momento che rappresenta un mezzo comunicativo di estrema e vitale importanza, spesso screditato, non sempre apprezzato, ma che per molti rappresenta una via (o l’unica via) per comunicare un mondo interiore purtroppo spesso taciuto.
Moltissimi sono stati i musicisti che con la musica hanno avuto la possibilità di comunicare agli altri il proprio pensiero, il proprio mondo emotivo fatto di lotta, rabbia, gioia e questo ha reso possibile la loro partecipazione all’interno della società, vuoi per il significato del loro messaggio oppure perché quella particolare nota, frase o melodia suscitava in chi ascoltava determinate emozioni.
Basti pensare alla musicoterapia, ai laboratori musicali che vengono organizzati con pazienti con disturbi psichiatrici, con chi ha difficoltà nel linguaggio (vedi balbuzie), addirittura con chi proprio non riesce a comunicare con le parole: la musica ha una valenza sociale importantissima, come detto prima per molti rappresenta sia un mezzo per vivere in maniera più serena il proprio disagio sia per riuscire a conquistarsi un posto all’interno della società; in poche parole potrei dire che permette la libera e naturale espressione del proprio corpo, del proprio pensiero, del proprio mondo interiore.
Certo, ci vuole passione, è necessario aver voglia di stare a sentire un’altra persona che parla (cosa che ai giorni nostri è sempre più rara), è necessaria tenacia e resistenza alla frustrazione, alla violenza del giudizio degli altri, ma provate ad immaginare la soddisfazione e la liberazione che può provare una persona che a lungo è rimasta in silenzio e che finalmente trova il modo di riuscire a dire quello che pensa, senza vincoli sociali e culturali.

giovedì 29 dicembre 2011

Cambiare è molto piacevole....

Fino a poco tempo fa mi sarei definito una persona "fredda", sia dal punto di vista emotivo che comportamentale. Per molto tempo ho pensato che mostrare le proprie emozioni fosse un segnale di debolezza, di vulnerabilità...nulla di più falso!!!!
Provare emozioni è umano: da un punto di vista evolutivo Darwin sostiene che la loro principale funzione sia quella di rendere più efficace la reazione dell'individuo a situazioni in cui si rende necessaria una risposta immediata ai fini della sopravvivenza, reazione che non utilizzi cioè processi cognitivi ed elaborazione cosciente.
Fanno dunque parte del regno animale (e quindi anche dell'uomo),  anche se poter esprimere in pieno ciò che si vive è quanto mai complicato, sia per la difficoltà di prendersi del tempo per concentrarsi su noi stessi, sia perchè vi è spesso la paura di essere giudicato dagli altri (o da se stessi????): "ma come sta piangendo alla sua età?" "un uomo non piange mai...." La domanda che mi viene spontanea è:perchè tutto questo?????
Le emozioni fanno parte della nostra vita e devono quindi essere considerate come un qualcosa di inscindibile da noi; anzi, fanno assaporare maggiormente la vita, permettono di cogliere l'essenza di qualunque momento od evento, sia nel bene che nel male....
Scoprirmi in un modo nuovo è stato veramente molto piacevole, certo è stato un processo faticoso, lungo e complicato, ma che è stato possibile solo grazie ad uno spazio dove mi sono sentito realmente ascoltato, un ascolto delicato, caldo, scevro di giudizi, uno spazio facilitante che mi ha permesso di esplorare in maniera approfondita i contenuti che portavo....quello che portavo veniva semplicemente accettato; chi mi ascoltava era lì per me e basta, il tempo che mi dedicava decidevo io come spenderlo, senza alcuna forzatura e senza condurmi in chissà quali lidi.
E' stata per me veramente una grande fortuna poter usufruire di tutto questo, tanto che mi sentirei di consigliare a tutti di seguire il medesimo percorso.....

lunedì 5 settembre 2011

Trombe Schizofreniche

"Nella sua storia centenaria il jazz è stato spesso musica di comunità, di diversità e di emarginazione sociale. Queste qualificazioni variano con il tempo e con il luogo. La diversità può essere intesa come diseguaglianza razziale, come per gli afroamericani dell'America bianca e razzista, sia come disparità di condizione, ed è il caso quest'ultimo della malattia (o presunta tale).
Il jazz come le pitture rupestri di Altamura, le piramidi egizie, la filosofia greca, il rinascimento fiorentino o la musica classica europea è una dimostrazione delle possibilità creative ed espressive che contraddistingono l'essere umano. Anche nelle condizioni ambientali e soggettive più sfortunate l'uomo può fare arte. Come musica di eslcusi, di sradicati, ha sviluppato un proprio linguaggio, apparentemente semplice, a volte criptato e criptico.
Un'arte così aperta a tutte le diversità è il naturale ricettacolo di personalità musicali fortissime, con vite per altri versi difficili. I disabili - o i diversamente abili - nel jazz non si contano....."



http://www.jazzitalia.net/articoli/trombeschizofreniche.asp

Chi sono

Sono una psicologo, ricevo su appuntamento in Via Carlo Cattaneo 141 a Pisa

La mia formazione:

Mi sono laureato presso l'Università degli Studi di Firenze; successivamente ho frequentato un Corso in Psicologia Giuridica e quindi un Master in Psicologia dello Sport.
Attualmente sono iscritto al terzo anno del Corso di Specializzazione in Psicoterapia presso la sede di Firenze dell'Istituto dell'Approccio Centrato sulla Persona.

Il mio lavoro:

Mi occupo di counseling e sostegno psicologico con adolescenti ed adulti, e di facilitazione di gruppo, seguendo l'orientamento dell'Approccio Centrato sulla Persona, fondato da Carl Rogers.
Ho collaborato con il Centro di Medicina preventiva del Lavoro dell'A.O.U.P. di Pisa in merito alla rilevazione di possibili casi di mobbing e malattie stress/lavoro correlate.Mi sono occupato di Educazione e Promozione della Salute  in collaborazione con la USL 5 di Pisa.